mercoledì 9 novembre 2016

Il fine giustifica i mezzi?

Dal titolo un po' machiavellico mi riferisco ai numerosi e onnipresenti banchetti di alcune associazioni di beneficienza, che si trovano nelle piazze, nelle vie principali e persino fuori dagli ospedali, quasi per approfittare (io penso) della fragilità delle persone che vi si recano (difficilmente qualcuno si reca in ospedale per fare un giro diverso dal solito e per sorseggiare un bicchierino di caffè dei distributori).
Quello che scrivo, premetto, si tratta solo di una mia opinione personale, dettata da una mia riflessione contaminata certamente da una dose di esasperazione.
Il fatto che dei giovani ragazzi vogliano applicarsi per migliorare la vita di persone in condizioni di svantaggio è davvero ammirevole e potrebbe essere visto quasi come un dovere civico, l'importante è però mantenere un codice di comportamento eticamente corretto.
Ci sono passata davanti migliaia di volte a questi banchetti e la loro "strategia" è lampante: addocchiare persone sole, preferibilmente ragazze giovani o signori di una certa età, oppure qualcuno che appaia "adescabile", insicuro e che abbia paura di esporre un rifiuto.
Dopodiché si passa all'attacco: una firma per aiutare questi o quelli?? E poi la firma è ovviamente una scusa per spillare soldi, e non pochi spiccioli che uno ha in tasca ma banconote multiple di 5 o 10 euro.
E poi le solite frasi per farti capire che quello che stai facendo è davvero utile per questi e quelli....che la tua donazione deve essere il meglio che puoi fare....in modo tale che sborsi il più possibile.
E se rifiuti di donare ti rifilano di insulti e ti inquadrano come un egoista che non ha tempo di pensare alle persone in situazioni difficili e con problemi. (Naturalmente tutto ciò urlando a cielo aperto con la gente che passa e sente tutto)
Ecco il problema, ecco dove serve un codice etico di comportamento. Il problema non è  se i ragazzi che siano lì prendano o meno una commissione sulle "vendite", quello non è dato sapere, piuttosto il modo aggressivo e subdolo con il quale affrontano le persone, approfittando della loro insicurezza o del loro buon cuore.
Questa cosa davvero non la sopporto, per ottenere soldi  (seppur per nobili cause) è lecito ogni mezzo? Anche una sorta di costrizione che fa leva sulla debolezza di una persona che non sa dire di no?
E se magari questa persona è in una situazione di difficoltà anche peggiore di quella per cui si cercano soldi?
Mi è capitato di assistere a questa scena.
Fuori dall'ospedale il banchetto per le "firme" per aiutare i tossico- dipendenti, la ragazza cerca di agganciare un ragazzo con l'aria preoccupata e, sentitasi un rifiuto, lei proclama ad alta voce che lui non abbia tempo per pensare alle persone con problemi e in difficoltà.  Il ragazzo allora le risponde che gli hanno appena diagnosticato un probabile linfoma (cancro con aspettativa di vita dai 5 ai 10 anni nei migliori dei casi), e la ragazza ovviamente ha tacciuto sconvolta.
Quello che voglio sottolineare è che l' impegno nel sociale deve essere, come già ribadito in precedenza, quasi un dovere civico, che però deve essere libero in modo tale che ognuno possa aiutare a proprio modo e sempre nel rispetto degli altri e delle loro scelte, qualsiasi esse siano.
Solo allora un dono può essere tale: deve derivare da una scelta libera e soprattutto consapevole della persona, non dettato da ansie sociali o pressione esterne, per qualsivoglia fine.
Penso che un modo migliore sia distribuire libere informazioni sui progetti che si intendono fare e sull'associazione interessata. Sarà poi la persona che deciderà o meno se contribuire a finanziare o diventare anche volontario partecipante alle iniziative.

domenica 2 ottobre 2016

OGM: nemici sconosciuti?

La maggior parte delle persone non credo che abbiano un'idea chiara e precisa su cosa si intenda precisamente per un ogm. Certo si sa che vuol dire "organismo geneticamente modificato" e sull'argomento aleggiano spesso pregiudizi, leggende metropolitane, accuse più o meno infondate, forti paure.
Un cibo ogm si ritiene che sia sicuramente dannoso in un modo o nell'altro, altrimenti sulle confezioni di soia, mais, riso e quant'altro non sarebbe specificato "non ogm", quasi a voler dire: " state tranquilli consumatori, acquistate pure questo prodotto che è sicuro e fa bene".
Questo è ciò che pensa il consumatore medio, che crede di sapere già tutto sugli ogm: se qualcosa è troppo strano o nuovo (come le carote viola...che però non sono ogm ma sono il colore originario della carota) allora sarà geneticamente modificato, e se un alimento non è "naturale" è meglio non mangiarlo!
Penso che poche persone siano andate a vedere scientificamente e legalmente cosa sia in realtà un organismo geneticamente modificato.  Ho letto l'ultimo libro di Dario Bressanini (di cui sono accanita fan della sua rubrica sulla rivista mensile "le scienze") intitolato "contro natura" e devo dire che traccia una descrizione molto esaustiva sull'argomento, anche utilizzando metafore ben comprensibili.
In poche parole la legge italiana fissa un confine arbitrario tra ciò che può essere considerato ogm e ciò che non può esserlo.
Ad esempio bombardare con radiazioni dei semi per vedere se si verificano mutazioni casuali del genoma si può fare senza dichiarare che la pianta poi ottenuta sia geneticamente modificata.
Invece chi usa altri metodi più precisi di modificazione genetica risulta bollato come ogm e l'azienda produttrice deve sottoporre il prodotto a numerosi e costosissimi controlli: ecco il motivo per cui solo le multinazionali possono permettersi di produrre e commerciare ogm.
Rimando il lettore ai testi di Bressanini per un approfondimento perché il discorso è veramente complesso. Il mio intento con questo post è solo alimentare la curiosità del lettore: non fermatevi al "sentito dire" ma indagate sempre!!!

giovedì 25 agosto 2016

Il libro che il vostro market bio non vi farebbe mai leggere

Dopo qualche tempo di assenza sono tornata a scrivere, e colgo l'occasione per ringraziare tutti i miei affezionati lettori.
Recentemente ho letto un libro molto interessante di Silvano Fuso: "naturale=buono?" (2016 carocci editore) e mi ha dato l'ispirazione per parlare della percezione che oggi ha la gente del significato della parola "naturale".
Voglio sintetizzare in pochi punti salienti ciò che si evince dalla lettura di questo testo soffermandomi solo su quello che riguarda l'alimentazione (l'autore tratta molto bene anche altre tematiche legate al concetto di "naturale" come la cosmesi, le abitazioni, gli spostamenti, la radioattività, la medicina, il sesso...per chi volesse approfondire).
-l'agricoltura biologica e biodinamica sono solo trovate pubblicitarie e di marketing senza alcun fondamento scientifico
- le diete "secondo natura" si basano solo su presupposti ideologici e idee 
pseudoscientifiche.
- gli alimenti ogm non sono piu "innaturali" di quelli non ogm ed esempi come la fragola-scorpione o il pomodoro-pesce non sono mai stati realizzati né messi in commercio.(dedicherò all'argomento ogm il prossimo post con ulteriori approfondimenti...suspence per voi lettori!)

Iniziamo con l'approfondire il primo punto: 
Gli alimenti biologici e biodinamici vengono presentati e visti come più "sicuri" e "sani" rispetto a quelli tradizionali, sostanzialmente per il fatto che sono più "naturali".
È vero che questo tipo di agricoltura non utilizza alcuni pesticidi (o meglio agrofarmaci) di origine chimica, ma ha libero accesso ad altre sostanze come il solfato di rame (prodotto industrialmente) e lo zolfo (ottenuto dalla desolforazione dei combustibili fossili). 
Inoltre la sicurezza alimentare non presenta differenze tra i due metodi (studio EFSA 2009). 
In ultimo la sostenibilità ambientale dell'agricoltura biologica non è affatto maggiore rispetto alla tradizionale, in quanto le sue colture hanno una resa minore, dunque per ottenere la stessa quantità di cibo si dovrebbero aumentare i campi per la coltivazione (incentivando il diboscamento e danneggiando la natura)
Solo due parole per l'agricoltura biodinamica: i campi vanno fertilizzati con composti alquanto strani (utilizzo di fiori e germogli cuciti in vesciche di cervo esposti alla luce o fermentati in teschi di animali domestici...)lascio al lettore l'approfondimento di queste pratiche e una loro critica razionale.
Per quanto riguarda il secondo punto: oggi esistono molteplici diete che si palesano come l'unica dieta originaria/migliore/naturale per l'uomo. Ne passo in rassegna brevemente qualcuna, esponendone, ovviamente, i limiti:
Il crudismo: sostiene che la cottura dei cibi causerebbe gravi rischi. Esistono alimenti che è consigliabile mangiar crudi ma una dieta esclusivamente crudista può portare a sbilanciamenti alimentari, per non parlare dei rischi di contaminazione da agenti patogeni inattivati dalla cottura.
La paleodieta: sostiene che l'uomo debba mangiare come nel paleolitico (non si sa bene in quale periodo di preciso né scientificamente la motivazione...perché invece non nel neolitico ad esempio?)
Tuttavia ci sono "paleoricette" anacronistiche (magari preparate con il microonde o con l'utilizzo di dolcificanti ipocalorici...). Ovviamente non esiste fondamento scientifico a questo strano modo di alimentarsi.
Il veganismo: fondato sul concetto del "cruelty free" va incontro a numerosi paradossi. È impossibile vivere senza sfruttare gli animali, si dovrebbero rifiutare cure mediche e farmaci (perché ottenuti da sperimentazione animale) ma anche il semplice cibo biologico perché sfrutta le coccinelle per togliere i parassiti, oltre che i vegetali in generale perché per far spazio alle coltivazioni si eliminano insetti ed animali autoctoni. Inoltre per salvaguardare i prodotti agricoli si compiono disinfestazioni contro roditori, piccioni, insetti.
Il vegetarianesimo è una posizione più moderata, sostenuta anche da molti scienziati (come albert Einstein).
Se equibrata non porta a carenze nutrizionali  (come può succedere per la vegan per la mancanza di vitamina b12).
Oggi nel mondo il consumo di carne è estremamente mal distribuito: la società occidentale ne abusa mentre il resto del mondo ne fa un consumo assai ridotto se non quasi nullo.
Senza fare estremizzazioni o generalizzazioni è possibile sostenere che un moderato consumo di carne ottenuta da allevamenti razionali possa essere compatibile con la tutela ambientale.
Concludendo voglio solo esprimere il mio punto di vista sull'argomento: si cercano alimenti sempre diversi, antichi, biologici, biodinamici, a km zero, esotici...esclusivamente per il fatto che viviamo in uno stato di benessere in cui il cibo è diventato moda e surplus.
Se ci mancasse davvero il cibo in tavola (come purtroppo succede a qualche miliardo di persone) non staremmo certo a far passare tutte le diete del momento e assaggiare prodotti particolari o "naturali".