lunedì 8 giugno 2020

Introduzione al pensiero critico

TSpesso sentiamo dire che è necessario saper pensare in modo critico, ma cosa significa di preciso? Inoltre, è un’abilità innata o è qualcosa che è possibile apprendere?
Si tratta di studiare delle definizioni e delle categorie logiche o è più una cosa pratica?
È qualcosa che bisogna sapere per fare un certo tipo di lavoro o è più un’abilità trasversale?
 
Ci sono molte definizioni di “pensiero critico”, ad esempio il pedagogista Robert H. Ennis lo definisce come “un pensiero razionale e riflessivo focalizzato a decidere cosa pensare o fare.
Oppure Moore and Parker lo classificano come “l’attenta applicazione della ragione nel determinare se una affermazione sia o meno veritiera”.
Abbiamo quindi a che fare con qualcosa di intenzionale, che coinvolge la parte logica e razionale del nostro pensiero, legato ai nostri giudizi e che può venir applicato a moltissimi problemi, sia del mondo delle idee che del mondo reale.
 
Il pensiero critico risulta in questo modo essere una sorta di strumento intellettuale, formato da una serie di skills ovvero di competenze da apprendere e da saper utilizzare adeguatamente.
A me piace paragonarlo ad una tool box, una cassetta degli attrezzi, un accessorio da tirar fuori al bisogno, un po' come Toodles,  avete presente? Se siete giovani avrete senz’altro visto almeno una puntata della Casa di Topolino. Quando i nostri affezionati personaggi hanno bisogno di uno specifico strumento chiamano ehi Toodles e lui appare magicamente dal nulla e mette a disposizione ciò di cui hanno bisogno.
Perciò innanzitutto dobbiamo confezionarci la nostra bella cassettina, con tutti gli accessori: ci saranno sicuramente gli indispensabili e poi quelli più particolari.
Poi ovviamente chiunque è libero di personalizzarla come più gli piace. Allo stesso modo, essendo ognuno di noi diverso dagli altri e con una propria storia culturale ed esperienziale, potrà costruirsi la propria visione del mondo che, come la nostra tool box, potrà migliorare, arricchendosi di nuovi strumenti oppure, se non le dedichiamo abbastanza cura, essa potrà arrugginirsi o potremo perdere i nostri cacciavite e i nostri metri per la strada.
Ma quali sono questi strumenti intellettuali che dobbiamo apprendere? Visto che non li possiamo andare a comprare al Leroy Merlin dobbiamo dedicare tempo e impegno in questo continuo processo che è la formazione del pensiero critico.
Dovremo quindi conoscere come funziona il nostro cervello, quali sono i nostri pregiudizi, imparare a porre le giuste domande, l’uso della logica, lo scetticismo, come raccogliere e usare le informazioni, considerare nuovi punti di vista mettendoci in discussione.
Inoltre sarà anche raccomandabile imparare ad utilizzarli questi attrezzi: così come non serve a nulla un martello se non lo sappiamo usare, è inutile sapere a memoria le categorie logiche, i bias e le euristiche ma non saperle riconoscere quando le abbiamo davanti.
Io spero che ognuno possa fabbricarsi la sua cassetta del pensiero critico, pian piano ma con costanza, in modo tale da avere una visione del mondo e di se stessi un po' più consapevole, riuscendo perciò a prendere decisioni che rispecchiano veramente noi stessi.
Per essere coscienti del nostro punto di vista e magari poterlo anche cambiare.
Per capire le motivazioni che stanno dietro ai nostri giudizi.
Per riuscire a pensare meglio e in modo più chiaro, limpido alle questioni del mondo reale.
Per fare scelte migliori per noi stessi, a cominciare dal non farsi ingannare dai facili claim commerciali di vari prodotti fino a riuscire a trovare davvero la nostra strada, quel percorso che ci potrà far sentire soddisfatti della nostra vita.
È una roba complessa? Sì, parecchio, ma non è impossibile perché nessuno nasce “imparato” e tutti dobbiamo apprendere queste skills e riuscire ad applicarle ai contesti di vita (dalla vita privata a quella professionale o scolastica).
Io credo che quelle del pensiero critico siano abilità fondamentali da possedere per vivere attivamente nel mondo.

Riferimenti per approfondire:
Cohen M. Critical thinking skills. John Wiley and sons, 2015

giovedì 4 giugno 2020

Nobelist gone wild

Tutti possiamo cadere preda di idee bizzarre, anche perché non possiamo essere competenti in tutte le discipline, specializzati in ogni cosa (a parte i tuttologi su Facebook, loro sanno sempre tutto).
Di conseguenza avremo sviluppato delle skills, delle competenze, che possono essere specifiche di quella disciplina e non trasferibili su altre.
Ad esempio le leggi della meccanica quantistica sono applicabili al mondo microscopico e nell'ambito della fisica, e le leggi delle scienze sociali al mondo dell'essere umano. Non si possono dire cose come "la particella sa di essere osservata e quindi si comporta in questo modo" oppure "due persone sono legate emotivamente perché hanno le particelle entangled" e cose del genere.
D'altro canto esistono anche competenze che possono essere trasferite in diverse discipline. Pensiamo ad esempio a Daniel Kahneman (così per prenderne uno a caso...) ovvero uno psicologo che ha ricevuto il Nobel in economia per i suoi studi che hanno avuto applicazioni fondamentali in questa disciplina.
Non mi risulta che Kahneman sia caduto preda del "Nobel disease", ovvero
"L'apparente tendenza di un sorprendente numero di vincitori di Premi Nobel nelle scienze di cadere preda di affermazioni estremamente dubbie." (In caso fatemi sapere...)
Ma cosa predispone delle persone con un'intelligenza sopra la media a compiere disastrosi errori nel pensiero critico?
Fondamentalmente possiamo trovare questi fattori:
  • Errori cognitivi: tutti li facciamo e spesso non ne siamo nemmeno consapevoli, siamo "ciechi alla nostra cecità"
  • Senso di onnipotenza e invulnerabilità
  • Narcisismo
  • Eccessiva apertura mentale
  • Il "guru complex" (di cui ho già parlato)
Da questo possiamo vedere come un alto livello di intelligenza non implichi necessariamente una sorta di immunità contro l'irrazionalità.
Inoltre il Premio Nobel non è certo un indicatore infallibile della brillantezza scientifica. Pensiamo a quante menti brillanti che, purtroppo, non hanno potuto ricevere questo riconoscimento.
Questa è una ragione in più per non affidarsi al principio di autorità: una affermazione non è vera solo perché viene detta da una persona illustre o autorevole.
Nella Scienza non conta il principio di autorità, ma i dati, i fatti, che vanno correttamente interpretati e scremati da tutti i bias.
Conosci la storia di Louis J. Ignarro?
Dopo aver conseguito un dottorato in psicofarmacologia all'Università del Minnesota, negli anni '70 scoprì un nuovo meccanismo di dilatazione dei vasi sanguigni che gli valse il Nobel nel 1998.
Pochi anni dopo fu assunto come consulente dall'azienda Herbalife (sì, proprio quella degli integratori e delle vendite piramidali).
Ignarro lavorò a un mix di aminoacidi, vitamine e antiossidanti che avrebbero dovuto combattere il colesterolo nei soggetti sedentari.
Fece degli studi in cui mise a confronto soggetti sedentari che ricevevano il mix (chiamato "Niteworks") con i soggetti che non assumevano il preparato.
In effetti il Niteworks era correlato a una minore incidenza di problemi coronarici alle arterie.
Un ottimo risultato, no?
No, perché i soggetti sperimentali erano...topi! Ignarro riferì che "What's good for mice is good for humans" (Evans, 2004).
Quindi, non solo estese in modo improprio i risultati ottenuti da topi sugli umani, ma pubblicò lo studio senza nemmeno dichiarare i suoi conflitti di interesse con l'azienda Herbalife.
Studi indipendenti successivi hanno dimostrato l'inefficacia del Niteworks sugli esseri umani.
Come abbiamo appena visto, siamo tutti umani e anche uno scienziato può essere un po' troppo innamorato delle sue idee e non considerare le evidenze empiriche che lo contraddicono.
Quindi, prima di credere alle dichiarazioni sulla memoria dell'acqua di Luc Montagnier o sull'AIDS di Kary Mullis solo perché sono premi Nobel, chiediamo le prove!


Per approfondire: Sternberg 2007-2020