Un approccio che si rivolge alla promozione della salute e del
benessere risulta essere molto differente da quello orientato alla prevenzione
dei disturbi e delle malattie.
Quest’ultimo è ancorato a un punto di vista patogenetico per cui vanno
apportate modifiche, ad esempio, all’alimentazione per diminuire il rischio di
insorgenza di particolari problemi dipendenti da essa.
Dunque si tenderà a vietare o a costringere a un uso particolarmente
limitato determinati alimenti come sale, snack dolci o salati a base di
zuccheri e grassi, bibite, fritti… in modo tale da scongiurare malattie come
l’ipertensione, il diabete, le cardiopatie, l’obesità.
Naturalmente è un metodo logicamente corretto ma presenta alcune
conseguenze che andrebbero valutate attentamente.
In primo luogo, derivando da un’ottica patogenetica e biomedica, esso
si può considerare un punto di vista negativo, in quanto tende ad una modalità
prescrittiva di stile di vita corretto al fine di evitare malattie altrimenti
prevenibili.
In secondo luogo considera l’individuo come organismo biochimico
completamente logico e razionale, in cui mente e corpo sono separati e la prima
ha il controllo sul secondo. Ovviamente sappiamo che non è così perché la parte
irrazionale ed inconscia della persone, legata a bisogni e desideri inconsapevoli,
è molto più dominante di quello che si vorrebbe che fosse, inoltre non esiste
una mente razionale che domina un corpo-fardello a cui si può fare ciò che si
vuole.
Se così non fosse basterebbe una corretta informazione sullo stile di
vita più adatto per assicurare a tutti una vita sana e felice, ma le persone
tendono a fare scelte diverse consapevoli di essere in errore.
Scrivere sui pacchetti di sigarette gli enormi danni che il loro uso
provoca sulla salute rende consapevoli le persone del fatto che non dovrebbero
fumare, ciononostante continuano nel loro comportamento e il fumo è diventata
la prima causa di morte prevenibile (fonti ISTAT).
Quindi una corretta informazione sui rischi nell’adottare uno stile di
vita non raccomandato è condizione necessaria ma non sufficiente per migliorare
la qualità della vita delle persone.
Invece se si considera un approccio alla salute in positivo, di tipo
salutogenetico, e si vede l’individuo come una persona complessa, unica, dotata
di bisogni e desideri particolari, immersa in un contesto ampio fatto di
relazioni interpersonali, legami affettivi ed emozioni legate alle proprie
esperienze di vita, allora lo scenario che si apre sarà completamente
differente.
Si creerà per cui un punto di vista orientato non più alla prevenzione
di malattie ma alla promozione della salute e del benessere: essa non potrà
essere di competenza della sola sfera medica ma saranno necessari i contributi
delle altre scienze e delle diverse psicologie perché, come abbiamo già visto, il
concetto di benessere si estende a tutte le componenti dell’individuo.
È molto diverso dire ad una persona che non deve fumare perché
aumenterebbe il rischio di un cancro ai polmoni rispetto a informarla sul fatto
che, diminuendo progressivamente il numero di sigarette riuscirà ad avere una
vita più intensa, in quanto potrà correre e giocare al parco con i figli senza
avere il fiato corto dopo due minuti, beneficiando anche del fatto che la pelle
acquisirà un colorito sano e i cibi acquisiranno un sapore migliore.
In questo modo l’individuo non si mette più nella posizione di
paziente passivo costretto a subire il rimprovero del medico ma di persona
attiva, responsabile della propria salute e capace di modificare in prima
persona le sue abitudini.
Egli va infatti incoraggiato, sostenuto nel suo percorso di vita
quotidiano in positivo, perché molto spesso porre dei divieti non porta altro
che a ribellioni.
Anche da un punto di vista psicologico il nostro cervello non
concepisce la negazione, infatti se si chiede ad una persona di non pensare ad
una determinata cosa (ad esempio il cioccolato o le sigarette), inevitabilmente
il pensiero cadrà proprio su quello e, se non potrà farne uso, questo
meccanismo non potrà che generare emozioni come rabbia e frustrazione.
Al contrario, se viene chiesto di pensare in positivo (ad esempio a
frutta, verdura, vita all’aperto in movimento) il pensiero ricade ovviamente su
questi aspetti e si potrà trovare il coraggio e la voglia di metterli in
pratica, magari anche in modo graduale ma progressivo, in un’ottica di
miglioramento della qualità della vita attraverso l’apertura a nuovi e salutari
stili di vita, non al divieto di abitudini dannose.