In un soleggiato e caldo pomeriggio nel New England,
precisamente il 13 settembre 1848 ad un giovane e atletico ragazzo di
venticinque anni, Phineas P. Gage, successe qualcosa di terribile e incredibile
allo stesso tempo.
Caposquadra di un’impresa di costruzioni edili, era da tutti
descritto come un uomo molto preciso, corretto con gli altri, dedito al suo
lavoro e ben educato ma ad un certo punto, per una piccola distrazione mentre
stava preparando un esplosivo, un oggetto metallico gli perforò il cranio.
L’arma in questione era una sbarra di ferro di 6 kg, lunga
110 cm, con diametro di poco più di 3 cm che Phineas teneva saldamente in mano:
questa, a causa dell’improvvisa e accidentale esplosione, penetrò nella sua
guancia sinistra, forò la base della scatola cranica, attraversò la parte
frontale del cervello ed uscì dalla sommità della testa.
Ovviamente il povero malcapitato morì sul colpo.
E invece no.
Incredibilmente Gage sopravvisse e restò addirittura
cosciente, tant’è che fu portato dal medico (il dottor John Harlow) della città
vicina restando seduto sulla vettura. Il paziente raccontò in modo lucido e
consapevole l’accaduto e la ferita venne pulita con i prodotti dell’epoca,
cercando di ricucirla e di curarla al meglio, anche se il rischio di infezioni
era alto, data l’inesistenza di antibiotici.
Il corpo di Gage sopravvisse riportando come danno fisico la
perdita della vista dell’occhio sinistro (vedeva bene con il destro) riusciva a
parlare senza problemi e la deambulazione non era particolarmente compromessa.
Ma i danni peggiori furono i forti cambiamenti del carattere
non appena fu superata la fase acuta della lesione cerebrale: le conseguenze a
livello della sua personalità furono devastanti e permanenti.
I suoi amici e conoscenti dissero che “non era più Gage”.
Definito dal suo medico “bizzarro, insolente, capace a volte
delle più grossolane imprecazioni da cui in precedenza era stato del tutto
alieno” un ragazzo perbene, educato, a modo, impegnato nel suo lavoro e
riconosciuto dagli altri come tale, si era in seguito trasformato in un uomo
insofferente, incapace di mantenere un lavoro stabile, dedito ai vizi e all’alcol,
incapace di provvedere a se stesso e di pensare al suo futuro.
La condotta esemplare che teneva prima dell’incidente sembrava
essere svanita, non vi era più alcun rispetto per le convenzioni sociali e per
l’etica. Sembrava che avesse dimenticato completamente tutto ciò che aveva
imparato sulla morale e sul comportamento adeguato da adottare in una società
civile.
Ovviamente non venne più riassunto al suo precedente lavoro,
non tanto per le sue capacità o abilità lavorative risultate un po' più
ridotte, quanto per il suo carattere incostante e impulsivo che lo fecero
licenziare presto da ogni lavoro intrapreso. Arrivò persino ad unirsi ad una
compagnia circense per guadagnarsi da vivere, facendo mostra della sua ferita
in cambio di denaro.
Dopo aver raggiunto la sorella in California morì a soli 38
anni per un forte attacco epilettico.
I medici e gli studiosi di metà Ottocento non riuscirono a
comprendere cosa fosse successo di preciso a Gage, soprattutto non potevano
spiegare il motivo di un cambiamento così radicale e permanente della sua personalità.
All’epoca era impensabile sostenere che il comportamento
sociale richiedesse una particolare regione cerebrale corrispondente, così come
succede per il movimento, il linguaggio o i sensi.
La mente e il corpo erano visti sostanzialmente come
separati: non si accettava il punto di vista per cui qualcosa di strettamente legato
all’anima umana o alla cultura potesse dipendere in maniera significativa da un
sostrato organico come una particolare regione cerebrale.
Oggi sappiamo che il cambiamento di personalità fu dovuto a
una lesione cerebrale circoscritta in un sito specifico, infatti ricerche
moderne hanno evidenziato come la compromissione del rispetto delle regole
sociali sia causata da un danno selettivo alle cortecce prefrontali del
cervello. Questi dati sono stati ricavati anche grazie all’analisi del cranio
del paziente riesumato cinque anni dopo la sua morte, su richiesta del dottore
che lo seguì in vita, il già citato John Harlow e analizzati recentemente
tramite ricostruzione tridimensionale al computer.
Volendo approfondire il discorso, è possibile porsi domande
come: Phineas Gage era dotato di libero arbitrio? Era responsabile di quello
che faceva? Era consapevole del fatto che avesse perso la sua capacità di pianificare
il futuro come essere sociale? Che cos’è, nel cervello, che consente agli
esseri umani di comportarsi in modo razionale? E come opera?
Bibliografia per approfondire:
Damasio Antonio R. L’errore di Cartesio. Adelphi Edizioni.
1995.