venerdì 15 marzo 2019

L'incredibile storia del signor Phineas e di Mr. Hide.


In un soleggiato e caldo pomeriggio nel New England, precisamente il 13 settembre 1848 ad un giovane e atletico ragazzo di venticinque anni, Phineas P. Gage, successe qualcosa di terribile e incredibile allo stesso tempo.
Caposquadra di un’impresa di costruzioni edili, era da tutti descritto come un uomo molto preciso, corretto con gli altri, dedito al suo lavoro e ben educato ma ad un certo punto, per una piccola distrazione mentre stava preparando un esplosivo, un oggetto metallico gli perforò il cranio.
L’arma in questione era una sbarra di ferro di 6 kg, lunga 110 cm, con diametro di poco più di 3 cm che Phineas teneva saldamente in mano: questa, a causa dell’improvvisa e accidentale esplosione, penetrò nella sua guancia sinistra, forò la base della scatola cranica, attraversò la parte frontale del cervello ed uscì dalla sommità della testa.
Ovviamente il povero malcapitato morì sul colpo.
E invece no.
Incredibilmente Gage sopravvisse e restò addirittura cosciente, tant’è che fu portato dal medico (il dottor John Harlow) della città vicina restando seduto sulla vettura. Il paziente raccontò in modo lucido e consapevole l’accaduto e la ferita venne pulita con i prodotti dell’epoca, cercando di ricucirla e di curarla al meglio, anche se il rischio di infezioni era alto, data l’inesistenza di antibiotici.
Il corpo di Gage sopravvisse riportando come danno fisico la perdita della vista dell’occhio sinistro (vedeva bene con il destro) riusciva a parlare senza problemi e la deambulazione non era particolarmente compromessa.
Ma i danni peggiori furono i forti cambiamenti del carattere non appena fu superata la fase acuta della lesione cerebrale: le conseguenze a livello della sua personalità furono devastanti e permanenti.
I suoi amici e conoscenti dissero che “non era più Gage”.
Definito dal suo medico “bizzarro, insolente, capace a volte delle più grossolane imprecazioni da cui in precedenza era stato del tutto alieno” un ragazzo perbene, educato, a modo, impegnato nel suo lavoro e riconosciuto dagli altri come tale, si era in seguito trasformato in un uomo insofferente, incapace di mantenere un lavoro stabile, dedito ai vizi e all’alcol, incapace di provvedere a se stesso e di pensare al suo futuro.
La condotta esemplare che teneva prima dell’incidente sembrava essere svanita, non vi era più alcun rispetto per le convenzioni sociali e per l’etica. Sembrava che avesse dimenticato completamente tutto ciò che aveva imparato sulla morale e sul comportamento adeguato da adottare in una società civile.
Ovviamente non venne più riassunto al suo precedente lavoro, non tanto per le sue capacità o abilità lavorative risultate un po' più ridotte, quanto per il suo carattere incostante e impulsivo che lo fecero licenziare presto da ogni lavoro intrapreso. Arrivò persino ad unirsi ad una compagnia circense per guadagnarsi da vivere, facendo mostra della sua ferita in cambio di denaro.
Dopo aver raggiunto la sorella in California morì a soli 38 anni per un forte attacco epilettico.
I medici e gli studiosi di metà Ottocento non riuscirono a comprendere cosa fosse successo di preciso a Gage, soprattutto non potevano spiegare il motivo di un cambiamento così radicale e permanente della sua personalità.
All’epoca era impensabile sostenere che il comportamento sociale richiedesse una particolare regione cerebrale corrispondente, così come succede per il movimento, il linguaggio o i sensi.
La mente e il corpo erano visti sostanzialmente come separati: non si accettava il punto di vista per cui qualcosa di strettamente legato all’anima umana o alla cultura potesse dipendere in maniera significativa da un sostrato organico come una particolare regione cerebrale.
Oggi sappiamo che il cambiamento di personalità fu dovuto a una lesione cerebrale circoscritta in un sito specifico, infatti ricerche moderne hanno evidenziato come la compromissione del rispetto delle regole sociali sia causata da un danno selettivo alle cortecce prefrontali del cervello. Questi dati sono stati ricavati anche grazie all’analisi del cranio del paziente riesumato cinque anni dopo la sua morte, su richiesta del dottore che lo seguì in vita, il già citato John Harlow e analizzati recentemente tramite ricostruzione tridimensionale al computer.
Volendo approfondire il discorso, è possibile porsi domande come: Phineas Gage era dotato di libero arbitrio? Era responsabile di quello che faceva? Era consapevole del fatto che avesse perso la sua capacità di pianificare il futuro come essere sociale? Che cos’è, nel cervello, che consente agli esseri umani di comportarsi in modo razionale? E come opera?

Bibliografia per approfondire:
Damasio Antonio R. L’errore di Cartesio. Adelphi Edizioni. 1995.