venerdì 17 aprile 2020

Approcci allo studio delle decisioni

Ti sei mai chiesto come fa una persona a prendere una decisione di qualsiasi tipo? Ogni giorno noi prendiamo moltissime decisioni in merito a svariate cose riguardanti tutti gli ambiti della nostra vita: se accettare o meno quell'invito su Zoom, se fare o meno il follow back a quel tale che ha iniziato a seguirci su Instagram, se ordinare la pizza capricciosa o la bufalina, che nuova tariffa fare per il traffico Internet...
Insomma, siamo messi costantemente davanti a un bivio, ma sembra che, nonostante tutto, ce la caviamo bene no? Certo magari ogni tanto non faremo la scelta più soddisfacente per le nostre esigenze ma bene o male prendiamo decisioni rapide e che ci sembrano logiche.
Giudizi e decisioni sono stati ampiamente studiati da varie discipline, in particolare dall'economia, dalla psicologia, dalla filosofia, dalla matematica e dall'informatica e abbiamo infatti un approccio multi-disciplinare e trasversale a questo tema molto interessante.
Inizialmente si pensava che l'essere umano prendesse decisioni ed esprimesse giudizi seguendo un approccio logico-matematico, in linea con i principi della razionalità formale.
Ma, come ben sappiamo, non siamo tutti dei robot che seguono le leggi della logica formale, persino Sheldon Cooper che appare come la razionalità fatta persona, si affida ogni tanto a risorse che esulano da questo approccio freddo e utilitaristico.
Infatti un punto di vista di questo tipo (detto "approccio normativo") prende in considerazione le persone come se fossero degli individui idealizzati, costantemente coerenti con se stessi e senza vincoli di tempo e capacità.
Sappiamo che siamo tutt'altro che individui ideali di questo tipo, infatti esiste un secondo approccio ("approccio descrittivo") che tenta di elaborare dei modelli capaci di prevedere e spiegare il comportamento reale delle persone.
Ricercatori come Kahneman e Tversky hanno approfondito gli studi in questo campo osservando come gli individui molto spesso non fanno affidamento a un modo di decidere logio-razionale, ma utilizzano delle "scorciatoie", dette anche "euristiche" che molte volte funzionano benissimo per la nostra vita quotidiana.
(Di questo concetto ne ho parlato nelle storie in evidenza "Fast and Slow")
Un terzo approccio ai processi decisionali è quello detto "prescrittivo" che si propone di educare ed istruire le persone verso comportamenti che possano evitare o ridurre gli errori, tenedo conto delle loro limitazioni cognitive.
Quindi è una sorta di sintesi che cerca di avvicinare i primi due approcci: sappiamo che l'essere umano non segue sempre le leggi della logica formale e spesso prende decisioni che si basano su biases (errori) cognitivi ma possiamo sempre cercare di suggerire procedure e insegnare modalità per correggere e migliorare la sua strategia decisionale.

martedì 7 aprile 2020

L’ipnosi fa parte del nostro immaginario collettivo. Chi non ha mai visto in qualche film il classico ipnotizzatore con i baffi e lo sguardo penetrante che cercava di far cadere una persona in uno stato di trance ipnotica? Magari per farla saltellare su un piede oppure, nel caso di una spia, per compiere un omicidio.
È possibile obbligare una persona a compiere un’azione contro la sua volontà tramite induzione ipnotica?
Mi dispiace deludervi ma la risposta è no, quindi quando si vedono scene cinematografiche in cui un pendolo oscillante costringe una persona a farne fuori un’altra si tratta, appunto, di una scena da film.
Perché non è possibile? Ci sono diverse ragioni.
In primo luogo la trance indotta non è qualcosa di magico e misterioso ma è una suggestione auto-indotta in cui l’ipnotizzatore agisce solo come una guida.
In secondo luogo la persona si deve lasciar ipnotizzare, quindi guidare, dall’ipnotizzatore: nessuno può entrare in questo stato dissociato contro la sua volontà, deve collaborare attivamente nel processo.
In terzo luogo noi sperimentiamo quotidianamente questo stato, seppur in modalità e con gradi differenti. Non ci credi? Pensa a quando sei alla guida della tua auto per andare al lavoro, percorrendo la solita strada per cinque anni, che conosci come le tue tasche: ti è mai capitato di guidare senza accorgertene?
Mi spiego meglio: guidando pensi ad altro, magari anche in modo intenso e ad un certo punto ti rendi conto di essere arrivato a destinazione ignorando completamente un pezzo di strada! Non ne hai memoria perché non eri consapevole di star guidando!
Ma quindi l’ipnosi è solo un trucchetto da maghi o serve a qualcosa?
L’ipnosi, essendo un fenomeno naturale, un effetto delle nostre caratteristiche psicologiche e fisiologiche, può certamente essere utilizzato in modo costruttivo.
Ma bisogna andarci con i piedi di piombo e non affidarsi al primo ciarlatano che incontriamo che promette di “risvegliare le nostre energie nascoste” o di “guarirci con il potere della mente quantica”.
Questo strumento può essere utilizzato in modo terapeutico solo dai professionisti della salute competenti (psicoterapeuti) con un’adeguata formazione in merito. In questo modo la persona può essere aiutata a migliorare i suoi comportamenti patologici.

Per approfondire:
Nardone G., Loriedo C., Zeig J., Watzlawick P. Ipnosi e terapie ipnotiche. Editore Ponte alle Grazie, 2006.