Comunemente la “naturopatia” viene intesa come un insieme eterogeneo
di pratiche e tecniche di vario genere e diversa origine atte a curare o a
guarire determinate patologie o “disequilibri” da parte di “guaritori” più o
meno improvvisati.
Queste “cure” sono davvero innumerevoli, ma hanno dei punti in comune:
rifiutano la medicina scientifica attuale (tutta o in parte); provengono da
tempi e/o luoghi lontani oppure sono tentativi medici falliti e disconfermati
dalla scienza degli ultimi tempi (ad esempio l’omeopatia); pretendono di curare
in modo “naturale” ciò che la scienza medica cura con i farmaci di sintesi e
con tutti i relativi effetti collaterali; effettuano diagnosi mediche o di
fantasia per poi procedere alla relativa cura con la tecnica più adeguata
secondo il parere incontestabile del guaritore; non hanno un metodo univoco;
non si basano sull’evidenza dei fatti ma su analogie, wishfulthinking,
suggestione e congetture.
Invece se si intende la naturopatia in senso psicobiologico, questa
può essere considerata come
un’applicazione alla vita quotidiana di principi salutistici che si
ispirano, scientificamente, a una visione della vita, della salute e della
ricerca della felicità di tipo biopsicosociale, nella quale il rapporto
terapeutico è quello tra individuo e ambiente, non tra rimedio naturale e
patologia.
La naturopatia risulta quindi essere un’applicazione di principi
scientifici derivanti da discipline che progrediscono nella ricerca utilizzando
il metodo scientifico e non, come tradizionalmente considerata, una dottrina
che prende ispirazione da antichi culti orientali o religioni oppure da
tecniche pseudoscientifiche superate o senza fondamento al fine di elaborare
dei rimedi da somministrare al cliente. Per cui il rapporto terapeutico risulta
essere tra l’individuo e l’ambiente e non tra il rimedio e la patologia,
altrimenti si resterebbe ancorati a un punto di vista allopatico con un punto
di vista riduzionistico come quello legato al paradigma biomedico della
medicina occidentale, in cui il soggetto è passivo e si lascia curare dal
professionista.
In questo modo l’individuo è deresponsabilizzato dall’origine del suo
malessere e viene visto come portatore di un disturbo su cui si interviene,
appunto, in modo allopatico, seppur utilizzando prodotti naturali, innocui o
tecniche suggestive varie.
Adottando un paradigma di tipo biopsicosociale nella cura della
salute, invece, l’individuo per realizzare la sua felicità deve curare gli
aspetti della sua vita che non sono solo biologici ma anche psicologici e
sociali, in un’ottica sistemica e olistica.
La naturopatia può essere dunque vista anche come una filosofia
pratica di vita, come un sistema e un metodo organizzato di cura della persona
nella sua globalità, la cui finalità non è la cura di disturbi o patologie ma
la consulenza e la costruzione di linee guida personalizzate per fornire a
ciascuno gli strumenti adatti al fine di migliorare la qualità della propria
vita.
Questa non deve essere intesa perciò come una modalità di diagnosi e
di somministrazione di cure ma come una consulenza sullo stile di vita della
persona, sostenendola e dotandola di informazioni corrette e attuali, oltre che
degli strumenti affinché si impadronisca della propria vita ed effettui le
proprie scelte in modo consapevole e responsabile.
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